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Conti all’estero: istruzioni per non soccombere d’innanzi ai controlli

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23 Febbraio 2013   |   Opinioni

Conti all'estero: istruzioni per non soccombere d'innanzi ai controlli

L’Ivafe è una giungla in cui diventa importante sapersi ben districare tra le definizioni di conto corrente, libretto, altri prodotti finanziari.

Mentre sui conti bancari detenuti in Italia, per quanto riguarda l’imposta patrimoniale, ci pensano le banche stesse, in qualità di sostituti d’imposta, a conteggiare le esatte competenze da addebitarci secondo la tipologia di conto o di deposito, per quanto concerne l’Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe) siamo invece abbandonati a noi stessi. Non bastava il doverci conteggiare la giacenza media annua di ogni conto e deposito (per la quale un gentile lettore ci ha messo a disposizione un foglio di calcolo), che ora ciascuno di noi è pervaso da un altro angoscioso dilemma: come faccio a distinguere esattamente cosa considerare ‘c/c’, ‘libretto’ e ‘altri prodotti finanziari’ al fine di applicare l’esatta imposta? Se un giorno l’Agenzia delle Entrate mi scrive invitandomi a presentarmi con tutti gli estratti conti per controllare l’esattezza dei conteggi da me fatti, con quali argomentazioni mi difendo da eventuali possibili contestazioni? Se il funzionario di turno dell’ Agenzia delle Entrate, che di terminologie bancarie magari ne capisce poco, mi chiede perché per il tal conto ho conteggiato l’imposta in misura percentuale (0,10%) anziché fissa (€ 34 per arrotondamento) o viceversa, cosa gli rispondo?

Diventa quindi assolutamente importante avere le idee più chiare possibili sui tre termini usati dalla circolare Ivafe per distinguere gli analoghi prodotti e assogettarli all’esatta imposizione.

DISTINZIONE TRA CONTO CORRENTE E CONTO DI DEPOSITO

Sulla distinzione tra conto corrente e conto di deposito (il primo assogettato ad imposta fissa di 34 euro ferma restando l’esenzione per giacenze medie annue inferiori ai 5k, il secondo ad imposta percentuale senza minimo) sappiamo benissimo che, pur essendo entrambi dotati di codice IBAN (quindi apparentemente entrambi conti correnti anche se con diverse possibilità operative e renumerative), il legislatore italiano ha ritenuto di inquadrare i conti di deposito tra le ‘altre attività finanziarie’, alla pari dei titoli, quindi (pur in presenza di un ricorso dell’Antitrust che ritiene discriminatoria tale differenza di inquadramento e che se in futuro dovesse venire recepito ribalterebbe tutto il discorso) al funzionario della AE sarà sufficiente ostentare sicurezza dicendogli che trattasi di conto deposito la cui caratteristica essenziale è la renumeratività e non i servizi tipici di c/c (carte, assegni, domiciliazioni, rid, riba, ecc.).

DISTINZIONE TRA LIBRETTO E CONTO DI DEPOSITO

Forse più complicata diventa la distinzione tra libretto e conto di deposito, anche per il fatto che in Francia i conti di deposito vengono in modo fuorviante definiti Livret, e il funzionario locale dell’Agenzia delle Entrate, non sapendolo, potrebbe obiettare che il Livret A o il Compte sur Livret che deteniamo presso una banca francese dovevamo assogettarlo, in quanto secondo lui ‘libretto’, all’imposta fissa di 34 euro anziché a quella percentuale dello 0,10%. In questo caso raccomando di ostentare sicurezza nello spiegargli l’equivoco linguistico, aggiungendo inoltre che un libretto come lo intendiamo in Italia è un qualcosa di cartaceo, senza codice Iban, senza possibilità di eseguire bonifici, mentre il Livret francese è dotato di codice Iban e consente l’ operatività di bonifici, quindi a tutti gli effetti è un conto di deposito.

Raccomando di tenervi memorizzate queste particolarità, ed eventualmente altre che emergeranno nel corso dei commenti a questo articolo, in modo da esternarle poi a menadito nel contradditorio verbale con il fisco che malauguratamente qualcuno di noi potrebbe in futuro essere chiamato a sostenere.

Scritto da Mauro Corradi

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23 Febbraio 2013   |   Opinioni

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