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Finisce l’era del bail-out. Dal 2016 arriva il bail-in. Finalmente.

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4 Luglio 2015   |   Opinioni

Finisce l’era del bail-out. Dal 2016 arriva il bail-in. Finalmente.

Incomprensibile levata di critiche da parte di alcuni politici e commentatori contro il bail-in. Chi lo fa o è in malafede o non sa quello che dice. La verità è che la festa è finita. Finalmente.

Le argomentazioni addotte – con toni scandalistici – dai critici  sono che dal 2016 se una banca finisce in default a pagare saranno i clienti della banca con le loro azioni, obbligazioni e depositi oltre i 100k. E chi dovrebbe pagare, scusate?  Se io con disinvoltura compro azioni, obbligazioni o deposito fondi in una banca qualsiasi è evidente che devo assumermi dei rischi, non posso pretendere che siano i contribuenti a pagare per me tali rischi.

Nel 2008, allo scoppio della crisi finanziaria, gli stati si trovarono impreparati ad un evento del genere ed adottarono – presi dalla fretta – la scelta più sbagliata: salvare le banche tecnicamente fallite con soldi pubblici, appesantendo così ulteriormente un debito pubblico che già era mastodontico.  Fu una scelta scellerata, socializzare il debito dopo che si erano da sempre privatizzati gli utili è un atto che grida vendetta al cospetto di chi – banche o risparmiatori – i soldi li gestisce con la massima prudenza ed accortezza.

Dal 2016 azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100k saranno quindi chiamati a rispondere con il proprio patrimonio – investito o depositato – dell’eventuale default della loro banca.

E’ evidente che d’ora in poi sarà meglio evitare di acquistare azioni ed obbligazioni di banche – soprattutto quelle non quotate sul mercato regolamentato – e quando si accende un conto corrente o di deposito (cosa che noi piccoli risparmiatori facciamo prevalentemente, se non esclusivamente)  informarsi bene sulle condizioni di salute di tale banca ancor prima delle condizioni che applica o degli interessi che offre. Per cui, sia per i risparmi che abbiamo depositato in banche italiane che in quelli delocalizzati in banche all’estero, il valutare la banca sulla base dei suoi ratio patrimoniali (Cet1 Ratio più alto possibile) e dell’incidenza delle sofferenze (più bassa possibile nel rapporto con gli impieghi) diventa un’analisi indispensabile. Andiamo incontro ad un’epoca in cui la salvaguardia del capitale accumulato diventa più importante della rendita massima che da esso si desidererebbe conseguire.  E in ogni caso non fidarsi eccessivamente del limite di salvaguardia dei 100k, consiglio da sempre per ragioni prudenziali di non superare la metà di tale livello. In Germania si dice lo abbiano fissato a 30k, per cui io personalmente ho deciso di non superare mai presso una banca – italiana o estera  – tale livello di deposito. Cosa che per un piccolo risparmiatore – inteso per chi ha risparmi nell’ordine di decine o poche centinaia di K€ – è più che mai fattibile. Diversificare e delocalizzare il più possibile deve essere il nostro dogma.

Scritto da Mauro Corradi

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4 Luglio 2015   |   Opinioni

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